Le Beatitudini o le Fregature?


GLI SFIGATI DELLA MONTAGNA
Si tratta del discorso di Gesù riportato nel Vangelo di Matteo (capitoli 5-7) che comincia con le famose beatitudini (Mt 5,1-12): la pagina più alta e sconvolgente di tutto il Vangelo.
Quando leggo il testo delle beatitudini, più conosciuto come il sermone della montagna, mi fa paura anzi un po mi rode e mi arrabbio dentro di me, mi sembra che Gesù abbia chiamo a se una mandria di sfigati e abbia detto loro di leccarsi le ferite: beati i poveri, gli afflitti, i perseguitati, beati se vi insulteranno ... ecc, tutte situazioni di disgrazia, di sofferenza che nessuna persona che ragioni con un po’ di cervello spera che si realizzi nella propria vita!  Come fa Gesù a dire che sono beati i poveri, gli afflitti, gli affamati? Come fa a dire una cosa del genere? cosa ha bevuto o cose si è fumato? A me è sempre sembrata questa un autosuggestione mentale, un sedativo, un analgesico mentale, promettere il paradiso come ricompensa delle disgrazie da subire in questo mondo (qui sotto c'è del sadomasochismo spirituale). Senti buon Dio, a me hai dato la vita qui ed ora, perchè non ti occupi di me qui ed ora? Un buon Padre cerca di far stare bene i suoi figli, non di rassegnarli a morire perchè dopo li darà un Paradiso pieno di giocattoli, cibo e chissà cos'altro. Questo non è un Dio Padre ma un pazzo.  Questa interpretazione è stato il fallimento del messaggio di Gesù, un’autentica disgrazia nella spiritualità cristiana. Quando in realtà le beatitudine nascondono un messaggio esoterico di una portata universale pazzesca, se si spiegasse bene diventerebbe adrenalina piuttosto che oppio, sarebbe un motore di ribellione e cambiamento sociale piuttosto che un asservimento da pecore a favore dei ricchi pastori. Quel discorso va decodificato, analizzato, sbriciolato e dato al popolo, basta, non usatelo più come arma per tenere a bada il popolo e farci mangiare il nostro proprio vomito: la povertà, la sofferenza, la fame, gli insulti, l'ignoranza, il consumismo, il capitalismo.

BASTA CON LA LEGGE FATTE SU TAVOLE DI PIETRA
Se come dice la Bibbia, la lege è scritta nei nostri cuori (Rm 2,14) era ovvio che Dio nell'antico testamento scrisse i comandamenti su tavole di pietra, immagine del cuore duro dell'uomo a capire la sua natura. Gesù non diede tavole di pietra, ma peggio spaccò in testa la legge inutile senza osservanza tramite le beatitudini: 
Ricordiamo che Matteo si rivolge ad una comunità ebraica che ha accettato Gesù come il nuovo messia, ecco perchè ha diviso in 5 parti il suo vangelo, per farlo vedere come un nuovo pentateuco, il libro della legge del popolo ebraico, che allora si credeva fosse stato scritto proprio da Mosè. Poi Matteo fa vedere un Gesù miracolato, salvato dalla furia di Erode, proprio come lo fu Mosè dall'ira del faraone; infine come Mosè che ricevette le tavole della legge sul Monte Sinai, qui Gesù è su un monte, anche l'Olimpo era un Monte, è simbolo di divinità.
Gesù è venuto a proporre un nuovo rapporto con il Padre, con Dio, che non è più basato sull'obbedienza della sua legge, ma sulla accoglienza e sulla somiglianza del suo amore. Questo approccio capovolge la prassi religiosa, perchè? nel giudaismo il credente era colui che obbediva a Dio osservando le sue leggi. Ma non tutti potevano osservare le leggi, pensate alle donne che non potevano entrare al tempio o insegnare, ai poveri non era possibile pagare il decimo, al lebbroso era impedito di entrare in città, ecc... la religione era per una casta, gli osservanti  e costoro credevano di meritare (persino comprare con le loro offerte) l'amore di Dio. Gesù allora cambia questa prassi: non è più il credente che dice di osservare una legge, ma il credibile che con il suo comportamento dimostra di essere come Dio. Con Gesù finisce la categoria del
merito, l’amore di Dio non va più meritato  comprato da leccapiedi o facoltosi, ma va accolto come dono gratuito del suo amore e messo in pratica. Su questa prospettiva possiamo già iniziare a vedere che quelli sfigati che Gesù chiama a sè  (poveri, perseguitati, insultati, affamati, ecc) hanno un valore supremo, una caratura diversa, uno spesso più profondo, un vissuto più vero. 


LE BEATITUDINI, SONO 8, MA PERCHÉ 8 ?
Per i cristiani il numero 8 ha ha un significato simbolico: è la resurrezione, la nuova vita. Gesù è risuscitato il primo giorno dopo la settimana, cioè il giorno ottavo: allora il numero otto nel cristianesimo primitivo ebbe la figura della resurrezione. I battisteri erano fatti nelle prime chiese a forma esagonale, cioè il luogo dove venivano battezzati, momento di rinascita. 
Beato, cosa vuol dire? In antichità era la prerogativa degli dei e cioè la felicità. Essere beato è non avere problemi, Gesù invece dice il contrario: i problemi li abbiamo tutti, anche i ricchi ne hanno i loro, beato è sapere approntare qualsiasi tipo di problema. Gesù cambia la prospettiva: non ti rendono felici le cose, non l'avere, ma l'essere, qualcosa da cui non dipendere, ma che tu sei e nessuno ti può togliere. Mentre la religione promette una illusoria felicità  nell'aldilà (soffri di qua, sarai felice nell’aldilà), Gesù invece annunzia che è possibile essere pienamente felici qui su questa esistenza. Ancor peggio: lo dichiara attraverso una categoria di persone che felici non sembrano affatto, tutti gli sfigati di cui parlavamo prima e  mangiando con i pubblicani, abbracciando i bambini, toccando i lebbrosi, lasciandosi avvicinare dalle prostitute, Gesù assumeva un atteggiamento di rottura con la morale dell'epoca, operando un autentico cambiamento di mentalità e ponendo gli ultimi della scala sociale in cima alle sue attenzioni. Con le beatitudini si attua un rovesciamento di valori mai conosciuto prima. 

LA POVERTÀ COME FONDAMENTO ?
Su questa beatitudine, come una piramide, poggiano tutte le altre, un po come i comandamenti, chi non compie il primo gli altri sono impossibili, restano campati in aria. Su questa beatitudine la Chiesa si è giocata tutta la sua credibilità spirituale e tutta la sua veracità sociale... e ha perso. Le interpretazioni sono tante, perchè più assurda appare o viene applicata una convinzione e più bisogno c'è di sostentarla, modificarla, giustificarla ecc... Diciamolo subito: la povertà è una disgrazia, è il fallimento sociale di un gruppo che si ritiene fraterno, unito, civile. Non esiste che un pianeta come il nostro non dia a tutti da mangiare e uno spazio (casa) dove dormire tranquilli. Se ci sono i poveri significa che alcuni vivono a scapito di questi, sulle loro spalle e del loro sangue. Dichiarare beati i poveri è un autosuggestione mentale assurda. Il povero è un disgraziato e il compito della comunità è di toglierlo da quella condizione. Quando un governo funziona non ci sono persone bisognose, anche in quei tempi pur avendo tutti i popoli il loro Dio, quello vero sarebbe stato il cui popolo era senza ingiustizie. Far credere che la povertà è una virtù ha reso ricca la religione che ha fatto della povertà una ricca ideologia. Una Chiesa dorata è la prova del suo fallimento. C'è poi da capire perchè son beati questi poveri.... 

BEATI I POVERI IN VIRTÙ DELLO SPIRITO
Il vangelo di Luca dice soltanto "beati i poveri" quello di Matteo aggiunge "in Spirito" perchè?
L’espressione "in spirito" è praticamente intraducibile in ebraico o in lingua semitica, è un concetto troppo astratto, per cui è sicuramente un aggiunta del redattore greco e il motivo era chiaro: il termine usato per "povero" ptochos significa barbone, un pitocco, un mendicante, quindi non è il povero che lavora sodo per mantenersi, ma proprio il più misero: un tapino. Per gli ebrei esisteva il termine gli anawîm sono i "poveri di Dio", quelli che si fidano di Dio, io direi quelli che seguono le leggi della natura, quelli che sanno che da soli (autarchia) non ce la faranno mai. Più che povertà sanno di avere bisogno della forza spirituale ed è questa la loro ricchezza. Di fatto il contrario è spesso palese: persone che hanno tutto nel campo materiale ma dentro sono misere. Diremo allora "beati gli umili perchè sapranno essere all'altezza di qualsiasi situazione". Infatti è l'unica beatitudine che è al presente: “di essi è il regno”, le altre hanno tutte il verbo al futuro, non dirà "di essi sarà il regno", non è un illusione compensatoria tipo: soffrite la disgrazia che in cielo sarete ricchi". Un altra trappola da evitare: quelli che interpretano lo spirito come lo spirito interiore, quello santo, non è una interpretazione corretta, perchè  Matteo lo definisce sempre o “Spirito Santo” o
“Spirito del Padre”, qui invece dice spirito quindi umano, l'energia interiore della persona che sa reggere il male. La traduzione è più plausibile sarebbe "beati i poveri per lo Spirito" cioè quelli che diventano poveri per una causa spirituale, perchè soltanto in una società del genere nessuno prevaricherà sugli altri. Non è neppure ammesso un uomo ricco, perchè nel vangelo ci sono dei passaggi in cui il ricco deve distaccarsi in modo radicale ed effettivo dai beni, non si contempla la possibilità di un distacco spirituale. Non esiste la povertà spirituale in questo senso è avarizia contenuta e basta. 

UNA BEATITUDINE CONTRO TUTTO UN SISTEMA SOCIALE
Incredibile se pensiamo che basterebbe mettere in pratica la prima delle beatitudine che Gesù predicò per rimettere a repentaglio tutto il sistema sociale. Lui non esaltò mai la povertà (Dio non è un verme che si nutre di poveri), la povertà è una miseria e basta, nessun padre ama vedere i suoi figli nell'indigenza; Gesù non ne fece della povertà una ricca ideologia (come fecero poi i suoi seguaci arricchendosi nel nome della povertà e sulle spalle dei poveri), ma sapendo quanto era egoista il cuore umano ha detto che i poveri ci saranno sempre (Mc 14,7) però chiese una comunità senza attaccamento alle ricchezze. Gesù non voleva una religione e tanto meno dei santoni, ma un modo di vivere in pace e felicità, un cambiamento delle strutture sociali. 
Attenzione, la falsa società si basa su 3 colonne:
1. Avere ... chi più ha più è superiore agli altri
2. Far carriera ... è la lotta a gomitate per chi sale più in alto
3. Comandare ... quindi il potere sugli altri.
Ebbene nel regno che Gesù proponeva i 3 pilastri erano:
1. Condividere ... rinunciare alla sete e bramosia dell'avere ed accumulare. Se tutti avessimo soltanto il necessario non ci sarebbero nè gli sprechi nè l'avarizia e quindi tanto meno nè poveri ma neanche i ricchi. Pensate che oggi soltanto 10 ultra pluri miliardari hanno il capitale di più di metà della popolazione. Una assurdità del genere non ha nome.
2. Umiltà ...  non salire, ma scende, tutti siamo uguali, nessuno è più degli altri ma neanche meno, non si corre a far carriera, ognuno al il suo posto in società.
3. Servire ... l'altruismo di chi sa donarsi perchè è nella tranquillità che nessuno lo sfrutta nè lo frega. 
Questa forma di pensare e di sentire porterebbe ad una vita meravigliosa, ma è rimasta l'ennesima utopia dell'umanesimo, perchè tanto la politica quanto la religione si sono infrante e hanno perso la loro credibilità nella lotta contro la povertà. I poveri sono la dimostrazione che non c'è nè politica giusta nè religione vera. 

LA FEDE COME RASSEGNAZIONE E' AUTOSUGGESTIONE MENTALE
Non mi è mai piaciuto l'idea di sottovalutare una realtà soltanto perché non è a noi accessibile. Oppure pensare che siccome qualcun'altro sta peggio di me mi devo rassegnare. Disprezzare la ricchezza perché so di non poterla avere non mi rende più virtuoso, è soltanto una mia consolazione mentale, si sa che se la ricchezza non fa la felicità figuriamoci la povertà, tanto meno. Quindi c'è del bene nella ricchezza, ammettiamolo, basta con le autosuggestioni mentali. La situazione critica di chi decide di vivere nello spirito non è un autolesionismo e tanto meno un fatto di essere inconsapevoli, anzi lo spirito ti dà un acutezza mentale da capire non solo cosa ti perdi ma anche cosa si perdono coloro che credono di avere tutto e sapere tutto. Ci sono ricchi nobili e poveri vili e viceversa, ricchi meschini e poveri di una grandissima dignità. Sarebbe ora di smetterla di mischiare la ricchezza interiore con la povertà esteriore materiale e viceversa. La povertà di cui parla Gesù è voluta, non è subita, non è neppure scelta per credersi ricchi dentro, non è una falsa proiezione mentale che ci fa sentire santi rassegnati difronte ai ricchi che non saremo mai. Far vedere la povertà come una ricchezza interiore ad un povero che non ha una maturità interiore è castrarlo psicologicamente. Ugualmente, pensare che oltre i soldi un uomo ricco non abbia nulla di prezioso è giudicarlo in base ad un valore che per lui non ha. Non si mischia il sociale con lo spirituale, questo lo fa la religione e chi ne giova è soltanto la politica. La spiritualità vive e basta, vive sia la povertà che la ricchezza senza metterle in contrasto, perché chi le mette in contrasto cerca qualcos'altro che non è la spiritualità. 







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